La Scala Santa e le indulgenze
Il Santuario prende il nome dai ventotto gradini che la tradizione ci tramanda come i gradini del palazzo di Pilato (pretorio). Il loro arrivo a Roma è collegato con la storia della Regina Elena, madre di Costantino, che nel corso del suo viaggio in Terra Santa (327-328), dove effettuò numerose ricerche per ritrovare e custodire i luoghi della vita di Cristo.
Per antica tradizione questi gradini si salgono solo in ginocchio, in segno di venerazione per la Passione di Cristo.
Gli antichi gradini di marmo, usurati nel corso dei secoli dal passaggio dei pellegrini e difficili da salire, furono ricoperti di legno nel 1724, lasciando però la possibilità di vedere ancora il marmo originale tramite alcune fessure.
Sul primo, sull’undicesimo e sull’ultimo gradino sono presenti alcuni oblò sotto i quali si intravedono delle croci di ottone e marmo. Queste croci testimoniano un’antica tradizione che vuole che alcuni gradini della Scala Santa siano stati macchiati dal Sangue di Cristo che scese le scale dopo la flagellazione. Quelle macchie, oggi non più visibili, sono ricordate da questi segni incastonati nel marmo e sono oggetto di particolare devozione da parte dei pellegrini.
Nei secoli i Pontefici hanno concesso numerose indulgenze a chi sale la Scala Santa.
Secondo i più recenti documenti, alle consuete condizioni (Confessione, Comunione, Credo e Preghiera per il Papa) ogni fedele può lucrare l’indulgenza plenaria una volta al giorno, tale indulgenza è applicabile a se stessi o a un defunto.
In Santuario è possibile acquistare un piccolo opuscolo che guida il pellegrino che sale la Scala Santa nella meditazione dei misteri della Passione di Cristo.
Le Scale di accesso al Santuario
L’accesso alle tre cappelle del Santuario è possibile, oltre che dalla Scala Santa (che si sale solo in ginocchio), grazie a quattro scalinate. In particolare due di esse sono vere e proprie opere d’arte per via delle 75 scene bibliche affrescate sulla loro volta e sulle loro pareti.
Grazie a queste raffigurazioni è possibile ripercorrere, come in una vera e propria “Biblia Pauperum” (Bibbia dei poveri), gli eventi principali della storia della salvezza.
Gli affreschi risalgono al tempo di papa Sisto V (1585-1590), progettati da Cesare Nebbia (1536-1614) e Giovanni Guerra (1544-1618) direttori del cantiere pittorico, sono stati eseguiti da almeno 12 pittori differenti e non sempre la critica è concorde con l’attribuzione della paternità di tali opere all’uno o all’altro autore.
Anche la Scala Santa presenta un ricco apparato decorativo fatto da 33 affreschi raffiguranti scene della Passione di Cristo. Chi sale la Scala Santa in ginocchio può, guardando queste opere d’arte, immedesimarsi maggiormente nella meditazione dei dolori del Salvatore.