Il Sancta Sanctorum
Le tre finestre con inferriate al sommo delle Scale Sante guardano all’interno della cappella detta SANCTA SANCTORUM, sin dall’alto Medioevo oratorio privato del palazzo (Patriarchìo) lateranense dei papi. In origine, il sacello era dedicato al martire romano San Lorenzo; forse fu eretto prima del secolo VIII, giacché da questo secolo provengono le prime notizie documentali. Nel secolo IX, per le numerose e insigni reliquie che vi erano custodite sotto l’altare, in un’arca ingabbiata da massiccia griglia di ferro, si cominciò a chiamare SANCTA SANCTORUM.
Documenti successivi ne evidenziano l’importanza anche per le solenni liturgie papali che vi si celebravano specialmente durante la settimana santa. “Non vi è luogo più santo in tutta la terra”, fu scritto al tempo di Sisto V (1585-1590) sull’architrave cosmatesco sovrastante l’altare. Era una definizione appropriata e che vale anche oggi. Molti reliquiari preziosi sono stati trasferiti in Vaticano nel 1905, ma le reliquie sono rimaste nella Cappella.
Anche la struttura architettonica non è la stessa delle origini, perché, a causa dei danni subiti special- mente nel terremoto del 1277, fu restaurata, per committenza di Nicolò III (1277-1280), da un Magister Cosmatus, che restaurò l’antico edificio con influenze gotiche. Una rara apertura al gotico in Roma, ora pienamente godibile dopo i sapienti restauri pittorico-architettonici ultimati nel 1994. All’Interno del sacello si ammira lo splendido pavimento di “rote” di porfido e tessere policrome a varie figure geometriche: uno dei migliori esemplari cosmateschi di Roma. Il primo livello dell’alzata, per l’ampiezza di 4 metri, è rivestito di lastre di pavonazzetto.
Riguardo alla decorazione, come si rileva dai più recenti restauri e accreditati studi, si ritiene che i cicli pittorici della fascia alta e della volta, di capitale importanza per lo sviluppo dell’arte in Italia, siano da attribuirsi ad un cantiere romano (fine sec. XIII) ancora da individuare. Anche i mosaici della scarsella appartengono allo stesso ambito culturale. Le figure di apostoli e santi dipinti tra colonnine tortili ed archetti gotici nella fascia mediana, sono ormai assegnati al gruppo di artisti “sistini” che decorarono il resto delle Scale Sante, (fine sec. XVI). Questa cappella, definita già dal Gregorovius “il più venerato santuario di Roma”, rimase aperta al pubblico fino al secolo XVI e il segno delle numerose folle che vi accorsero è dato dal consunto marmo del pavimento.
L’Immagine del Ss. Salvatore
Di tutti gli oggetti sacri conservati nella cappella del Sancta Sanctorum il più antico, celebre e venerato è l’IMMAGINE del SS. SALVATORE, detta anche ACHEROPITA, cioè “non fatta da mano umana”, come si riteneva da una tradizione medievale. Questa icona, epicentro del culto e dell’arte di tutta la cappella, è posta come pala dell’altare papale e viene ricordata per la prima volta nel Liber Pontificalis intorno alla metà del secolo VIII, al tempo del pontificato di Stefano II (752-757), quando si narra che quel pontefice la portò processionalmente a spalla e scalzo per le vie di Roma per scongiurare le incursioni longobarde del re Astolfo.
Si ritiene che l’icona sia stata dipinta a Roma tra il V e il VI secolo. Oggi sulla tavola restano solo tenuissime tracce di un Cristo in trono, con aureola crociata, nella classica posa di Signore col rotolo della legge nella sinistra e con la destra benedicente.
Più volte restaurata, mutò completamente volto quando Alessandro III (1159-1181) fece sovrapporre all’originale quello che ora vediamo, ridipinto su seta. Innocenzo III (1189-1216) coprì la sacra icona con una lamina d’argento sbalzato, che attraverso i secoli si è arricchita con interventi non sempre stilisticamente coerenti. Gli sportelli che proteggono l’icona, anch’essi d’argento istoriato a sbalzo, sono del secolo XV. Sovrasta il tutto un baldacchino in metallo e legno dorato, che sostituisce quello del Caradossi (1452-1527 ca.), perduto durante il “sacco” di Roma del 1527.
Pur non essendo più oggetto di particolari liturgie, come lo fu nel passato, questa icona è sempre molto venerata dai fedeli, che la ritengono àncora di salvezza nelle calamità pubbliche e negli eventi memorabili dell’urbe. Venerazione che trova riscontro nel culto che, sempre a Roma, si ha per l’altra antica Icona della Madonna “Salus populi romani” (Salvezza del popolo romano) di Santa Maria Maggiore.
La Scala Santa
Un’antica tradizione dice che sant’Elena, madre di Costantino, fece trasportare da Gerusalemme a Roma nel 326 la scala del palazzo (Pretorio) del governatore Ponzio Pilato, sulla quale sarebbe passato il Salvatore durante il celebre processo del venerdì santo. Sono gradini di marmo, oggi ricoperti con tavole di noce, che si salgono in ginocchio devotamente. Sisto V costruì dal 1586 al 1589 l’odierno santuario, sistemandovi le “Scale Sante” come accesso alla preesistente cappella del Sancta Sanctorum. Pio IX (1846-1878) nel 1853-54 edificò, contiguo al santuario, il convento per i Passionisti, ai quali affidò in perpetuo la custodia e l’officiatura del sacro edificio.